Wednesday, September 19, 2007

Mezzaluna stella e sfondo rosso.


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Tuesday, September 18, 2007

Anticipazioni turche.

istanbul.
dall'alto Istanbul (o meglio una parte periferica) si presenta con mille torri appuntite: i minareti che segnano l'orizzonte.
la prima immagine che ho della città.
istanbul è europa ed è asia.
la parte europea è quella che ricorda i racconti d'oriente,
la parte asiatica si presenta con i segni d'occidente.

luoghi comuni.
ci sono il bagno turco
il caffè turco
il grano turco
il kebab (che se anche non è seguito dal termine "turco", lo è decisamente!)
prima erano immagini mentali, ma arrivata a istanbul tutto si è concretamente materializzato.
per fortuna devo dire non si vedono uomini girare con il fez, gli unici che orgogliosamente portano un tronco di cono in testa con o senza pennacchio sono i turisti amanti dell'etnotrash.

luoghi vaghi.
istanbul riesce ad essere esotica senza essere sintetica,
riesce ad essere "posh" ma senza l'adeguato servizio,
regalando un tono decadente da nuova borghesia.
è città di pesca e di gabbiani,
di archi a goccia rovesciata,
di spezie,
di donne velate,
di lavori manuali,
di cupole e di guglie d'oro,
di "taksi" gialli, vespai urbani.

Più o meno.
in: l'idea di fare una gita in nave per andare a lavoro passando per due continenti
out: la guerra al tassametro dei taksisti
improbabile: vetrine di pistole finte.
il racconto: una ragazza turca di ankara, ci accompagna alla fermata dei taksi, contratta per noi la tariffa dall'aeroporto alla città, ci offre eventuale ospitalità a casa sua ed anche dei soldi nel caso non avessimo modo di cambiare gli euro per la corsa. Non possiamo rimanere indifferenti.

Forse il sultano, quando non li decapitava, ai suoi ospiti regalava grandi sorprese.

Muzik.
colonna sonora: islam punk. cccp.
non riesco a toglierla dalla mia mente, ho continuato a cantarla da quando ho appoggiato le mie allstar nere su suolo turco.
alternata tra i miei sovrappensieri dalla filastrocca "se l'arcivescovo di costantinopoli si volesse disarcivescoviscoscontantinopolizzare, vi disarcivescoviscoscontantinopolizzereste pure voi per disarcivescoviscoscontantinopolizzare lui?"

Good bye.
il sentimento che rimane è la speranza prima o poi di ritornare a "istanbulopoli".
anche solo per passeggiare tra i dislivelli delle sue viuzze.
tra tappeti e silenziatori per motori di barche.
e sentirsi un'europea occidentale nell'oriente d'europa.


Monday, September 03, 2007

Polvere di gesso.







Incontro.

Ci sono quei periodi in cui non sai perchè,
ma segui e insegui persone, ritmi, luoghi, espressioni, musica.
Almeno a me succede così, e spesso le mie giornate si legano,
anzi si avvinghiano soprattuto a particolari sonorità.

In macchina, al lavoro, a casa, per strada, fischiettando...

Sono in treno, cuffiette, Ipod... seleziono il mio ascolto su
"autori" scelgo Gianmaria Testa.
Si, è il mio periodo "testiano".
Mentre tamburello le dita sulle ginocchia e fisso un punto
mobile fuori dal finestrino penso: "... avrei proprio voglia di
andare ad un suo concerto! vedrò su internet la prima data utile!".
Arrivo a Torino.
Non ho internet.
Continuo a fischiettare.
Per caso leggo TorinoSette: In provincia. Concerto di Gianmaria
Testa al Castello di Marengo.
Dove cazzo è Marengo?
Scopro che è una frazione di Alessandria. Un ora in macchina.
Si può fare.

Arriviamo alla Festa dell'Unità.
Il castello ci accoglie con una statua di Napoleone, alcune
impalcature, e un ingresso segnato da due colonne con fascio
littoreo in cima, sulle quali sono infilzate due bandiere rosse
dei quasi estinti Democratici di Sinistra.
E l'atmosfera già mi piace.

Concerto ore 22.00 al Caffè letterario.
Un tendone, un palco, una libreria ed un centinaio di sedie.
Nessuna occupata.
Poso la giacca.
Prima fila.
E intanto vado a mangiare. Bistecca e dolcetto.
Il tendone si popola. Le giacche della prima fila svolgono il loro compito
egregiamente.
Occupare.
Da dietro una quinta nera spuntanto 4 anime che si accostano a
contrabasso (Nicola), batteria (Philippe), clarinetto, sax,
organetto e sacchetto di plastica, flauto e altro (Piero)
chitarre (Gianmaria).

L'aspetto è serio, l'unico tocco di colore degli abiti è quello
del pantalone nocciola di Philippe che spezza le gradazioni di
grigio indossate dagli altri tre.

Si suona. Ci si accorda con il brusio di fondo. Con bambini e con il
liscio delle vicine danze.
Non so se è jazz, canzone popolare, poesia, confessione.
Ma so che è tutto meravigliosamente armonioso.
Emozionante.
Caldo.
Rotondo.
Di un ritmo lento, lento, lento...

Si raccontano storie.
Si parla di vita.
Di sofferenza.
Di politica.
Sono i clandestini, gli immigrati in una terra di (ex)emigranti.
Di campi di accoglienza e lavavetri rinnegati.

Considero valore tutte le ferite...
il tacere in tempo...
il viaggio del vagabondo...
Anche questo ci racconta Testa.

Un regalo.

Un sentimento intimo di musica che è pensiero, materia, amore.
Non spensierato. Credo però sincero. Perchè no?!

Grazie.
Per l'abbraccio, per il vino, per il sorriso, per le risate.
E lascio aperta la mia porta ...